A poche ore dalla Pasqua, ho riletto il processo a Gesù attraverso le pagine de “Il crucifige! e la democrazia” di Gustavo Zagrebelsky. Il libro ripercorre i passi del Vangelo nei quali si narra il confronto tra Cristo e il Sinedrio e tra Cristo e Ponzio Pilato, offrendo molti spunti su cui riflettere dal punto di vista teologico e non solo.
Il punto centrale della trattazione si fonda nel momento dell’appello al popolo, voluto da Pilato, per decidere le sorti di Gesù, accusato di fronte all’autorità religiosa di essersi fatto Dio e di fronte all’autorità romana di lesa maestà essendosi dichiarato Re. A prima vista sembra delinearsi un processo democratico, dove la volontà popolare è addirittura chiamata a decidere della vita e della morte di due uomini: Cristo e Barabba. In realtà l’episodio mette in luce alcune deformazioni a cui la democrazia può essere soggetta.
Innanzitutto la folla (che rappresenta il popolo) non è la protagonista di questo apparente processo democratico ma è solo la pedina di due poteri che ne fanno strumento per i lori scopi. Per Pilato è un mezzo per mantenere l’ordine e il potere. Per Caifa e il Sinedrio è il mezzo per piegare Pilato, eliminare Gesù e confermare la propria autorità sulla nazione d’Israele. Soprattutto né uno nell’altro, rimettendo la sorte di Gesù al popolo, ne riconoscono davvero l’autorità. Siamo davanti ad una mobilitazione popolare a favore dei detentori del potere, ad una partita in cui il popolo gioca una parte nell’interesse altrui. Si mette dunque in evidenza l’ uso strumentale della democrazia.
Ulteriore considerazione: chi era quella folla riunita di fronte al pretorio? Non erano forse gli stessi (o gran parte) che avevano osannato Gesù al suo ingresso in Gerusalemme il giorno precedente? Cosa è dunque cambiato? Ciò che salta subito agli occhi è la presenza degli uomini del Sinedrio tra le gente per influenzarla, sobillarla e manovrarla a tal punto da trasformarla in massa, nella quale le differenze si annullano, dove non c’è spazio per il dialogo e per le opinioni divergenti da quella che è la voce unanime: “Crocifiggilo!”.
L’uso strumentale e la manipolazione del popolo sono forse i rischi maggiori che la democrazia vive oggigiorno, anche nel nostro Paese. Una cosa però è certa. La democrazia non può essere solo la forza dei numeri anche se in ultima istanza questa è la sua concretizzazione. Gesù, nel suo processo, ne è esempio concreto. Egli è l’unico vero democratico dato che con le sue risposte e, soprattutto, con il suo silenzio cerca sempre e comunque il dialogo risolutore, pur essendo conscio che questo non potrà cambiare la fine a cui è predestinato.