Sulla stampa di martedì campeggia un’intervista rilasciata dal sindaco di Venezia sulla quale mi permetto di avanzare una riflessione.
Tralascio i consueti strali di Brugnaro nei confronti dei suoi oppositori, indice ancora una volta di scarsa dimestichezza con il confronto democratico, e sull’inquietante tesi che emerge dalle sue parole, riassumibile con l’assunto “a chi ha i soldi deve essere concesso tutto”.
Ciò su cui voglio soffermarmi è l’interpretazione bizzarra fornita dal primo cittadino su quella che dovrebbe essere l’architettura della Città Metropolitana per renderla più forte.
Egli afferma che per raggiungere questo obiettivo è necessario arrivare all’elezione diretta del sindaco metropolitano, da un lato omettendo che la legge Delrio prevede che l’eleggibilità diretta è possibile solo con la disarticolazione del capoluogo (Venezia) in più comuni, dall’altro aggiungendo che i comuni dell’area metropolitana dovrebbero diventare municipalità.
Avendo provato sulla mia pelle cosa significa far parte di una Municipalità subordinata a un sindaco come Brugnaro, posso affermare che lo schema che ha in testa si riconferma essere accentratore e padronale. Senza contare la totale assenza di dialogo che ci ha visto costretti a ricorrere al TAR per far valere quanto la legge stabilisce sul decentramento.
L’idea di amministrazione efficiente che ha Brugnaro è quella in cui esiste un unico centro di potere dal quale dipendono tutte le realtà periferiche che progressivamente vengono svuotate di ogni minima possibilità di azione. È la negazione del concetto di sussidiarietà.
Il tentativo, ad ogni tornata amministrativa, di eleggere sindaci direttamente riconducibili all’ideatore della lista fucsia è probabilmente un tassello del progetto più ampio di annichilire le autonomie locali. Mi sento pertanto di mettere in guardia gli amministratori e i cittadini dell’area metropolitana dagli intenti del capo di Umana.
Lo stile di comando di Brugnaro, verticistico e poco democratico, mal si attaglia invece alla realtà concreta dei Comuni della Città Metropolitana, le cui relazioni dovrebbero essere improntate piuttosto alla cooperazione e collaborazione reciproca, su un piano orizzontale “da pari a pari”.
Anch’io concordo sulla necessità di arrivare all’elezione diretta del sindaco metropolitano, ma la via da percorrere è quella della modifica alla legge nazionale per evitare che Venezia venga smembrata in più comuni.
Condivido con il sindaco Brugnaro che Venezia e Mestre non debbano essere separate. Stiamo però correndo seriamente il rischio di essere travolti dall’onda separatista che sta montando nelle aree dimenticate di questa città per l’inerzia cui essa è ormai costretta dal sindaco, tanto presente mediaticamente quanto assente amministrativamente.
La Città Metropolitana di Venezia, fin qui vittima dell’immobilismo fucsia, può essere rafforzata solo con politiche concrete, come la definizione del piano strategico, e non con strampalati progetti di architettura istituzionale centralistica.