Venezia, in ragione della sua posizione, è molto vulnerabile ai cambiamenti climatici e ai fenomeni meteorologici estremi. La città è costantemente minacciata dall’innalzamento del livello del mare e dai fenomeni di subsidenza del terreno, che hanno causato un suo graduale affondamento nel corso dei secoli.
Negli ultimi decenni, il cambiamento climatico ha aggravato questa situazione, portando a un aumento dell’incidenza delle alte maree, con conseguenti allagamenti e danni ai beni culturali e infrastrutture. L’alluvione eccezionale del novembre 2019, che ha raggiunto il picco di marea di 1,87 metri sopra il livello medio del mare, ha causato danni significativi alla città e ha richiesto un intervento di emergenza per proteggere le zone più a rischio.
Oggi il MOSE (Modulo Sperimentale Elettromeccanico), nonostante abbia subito ritardi e problemi di finanziamento e non sia ancora completamente operativo, garantisce la protezione della città alzando le sue dighe mobili quando la previsione di marea supera i 110 cm. Il sistema era stato pensato per sollevarsi poche volte all’anno mentre, da quando è entrato in funzione nel 2020, ad oggi le sue barriere sono uscite dall’acqua già alcune decine di volte e il numero è destinato a salire sempre di più in ragione del continuo innalzamento del livello del mare.
Gli scenari dell’IPCC (Pannello Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici) indicano che maggiore sarà l’aumento della temperatura media globale, maggiore sarà l’innalzamento del livello del mare.
Ecco alcuni esempi di innalzamento del livello del mare previsto in base agli scenari dell’IPCC:
Scenari di emissioni moderate (RCP 6.0): si prevede un aumento del livello del mare di circa 40-60 cm entro la fine del secolo.
Scenari ad alta emissione (RCP 8.5): si prevede un aumento del livello del mare di circa 60-110 cm entro la fine del secolo.
Scenari a basse emissioni (RCP 4.5 e RCP 2.6): se le emissioni di gas serra vengono significativamente ridotte, si prevede un aumento del livello del mare di circa 30-50 cm entro la fine del secolo.
Anche nello scenario più ottimista (innalzamento del livello del mare di 30-50 cm entro il 2100), che la stragrande maggioranza della comunità scientifica considera ormai un obiettivo non più raggiungibile, le barriere del MOSE potrebbero rimanere inevitabilmente alzate per diversi giorni ogni mese, causando rilevanti problemi economici (le navi non potrebbero accedere al porto commerciale di Venezia) e danni irreparabili al sistema ambientale lagunare (non ci sarebbe più lo scambio d’acqua con il mare che è fondamentale per la vita della laguna; inoltre considerando che la città di Venezia non ha una rete fognaria si può facilmente immaginare cosa diventerebbe la laguna in breve tempo senza un continuo scambio d’acqua).
Per evitare tutto questo sarebbe necessario mettere in campo fin da subito politiche lungimiranti che si pongano l’obiettivo di salvaguardare Venezia e la sua laguna. Alcune possibili proposte sono state bene illustrate da Carlo Giupponi nel suo “Venezia e i cambiamenti climatici” (edito da Rizzoli), libro che affronta in modo dettagliato la questione del cambiamento climatico e del suo impatto sulla città storica e la cui lettura consiglio vivamente. Ora servirebbe una classe dirigente che, a partire dalle idee messe in campo da Giupponi o da altri ancora, iniziasse a pensare alle prossime generazioni e non alle prossime scadenze elettorali. Il fatto però che l’attuale amministrazione di centro destra al governo della città, di fronte ad un prevedibile disastro come la fine della laguna e verisimilmente anche di Venezia, decida di investire 300 milioni di euro (molti dei quali provenienti da fondi PNRR) per la costruzione di uno stadio e di un palazzetto non lascia ben sperare.