Se venisse indetto un referendum sul quesito “Vuoi la pace nel mondo?”, quanti di noi voterebbero affermativamente? Non è difficile prevedere che la percentuale di Sì arriverebbe ad un livello altissimo.
Ma come ci sentiremmo il giorno e i mesi successivi a questa consultazione accorgendoci che, nonostante il plebiscito per la pace, le guerre continuerebbero a esistere? E quale indignazione ci animerebbe se per questa consultazione senza effetti concreti fossero stati spesi molti milioni di euro che si sarebbero potuti spendere proprio per interventi di pace?
Questa similitudine dà, in poche righe, il senso del referendum-truffa sull’autonomia del Veneto che si terrà il 22 ottobre per volere del presidente Zaia.
Una consultazione che costerà ai veneti 14 milioni di euro per sapere se vogliamo che alla regione siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Ben sapendo che la Costituzione, all’articolo 116, prevede già che quelle forme e condizioni particolari di autonomia possano essere attribuite alle regione, su sua iniziativa.
Quindi perché indire un referendum che non produrrà nessun effetto concreto, per sapere quello che si sa già e che cioè i veneti vogliono maggiore autonomia se questa potrà essere ottenuta solo seguendo l’iter previsto dalla Costituzione a prescindere dalla consultazione del 22 ottobre, che butterà all’aria milioni di euro?
Zaia non ha bisogno di nessuna legittimazione per rappresentare il Veneto al tavolo con il Governo. Ha stravinto le elezioni di due anni fa relegando il Partito Democratico al consenso più basso degli ultimi anni, tanto che lo stesso PD ha su questo tema una posizione del tutto subalterna a quella della Lega. Zaia ha già le carte in regola per iniziare la trattativa con Roma e ottenere maggiore autonomia per la nostra regione.
In realtà con l’autonomia del Veneto questo referendum c’entra poco o nulla.
Zaia e la Lega hanno bisogno del referendum per nascondere le loro incapacità nel governare il Veneto ma soprattutto per rinverdire il tema federalista all’origine della nascita del partito, che fu di Bossi, che ora rischia di essere accantonato con la virata sovranista del nuovo capo Salvini.
Il tentativo di rimettere La Lega (che si accinge a togliere la parola Nord dal suo nome) in asse con le istanze del Veneto non può essere pagato dai cittadini veneti che già scontano il peso di una sanità gravata dai project financing e dall’assenza di programmazione socio-sanitaria, che si dovranno accollare per anni le spese per la realizzazione della Pedemontana e che sono stati travolti dal fallimento delle loro banche.
Non possiamo prestarci a questo gioco per cui non dobbiamo dare il nostro voto ad un referendum-truffa che vuole farci credere che il giorno dopo avremo più poteri e più soldi.
Non dare il voto al referendum-truffa di Zaia non significa non essere a favore dell’autonomia e sinceramente federalisti. Da questo punto di vista è la storia che parla per noi. Mentre nel passato La Lega era impegnata a raccogliere nell’ampolla l’acqua del Po e Galan si faceva bocciare dalla Corte Costituzionale improbabili modifiche dello Statuto del Veneto, il centrosinistra varava le leggi Bassanini e la riforma del titolo V della Costituzione. Senza contare che partì allora dalla sinistra veneta e dal consigliere regionale Valter Vanni la proposta dei referendum che portarono all’abolizione di un paio di ministeri.
Sull’autonomia le uniche proposte concrete sono venute da sinistra. Quello di Zaia è invece l’ennesimo atto inutile a danno dei Veneti e noi non daremo il nostro voto a questa finzione.