I miei primi 3 anni di impegno politico sono stati segnati da due intense campagne elettorali, la prima conclusasi con una sconfitta, la seconda da una straordinaria vittoria. Entrambe comunque per me molto importanti dal punto di vista formativo.
Mi sono avvicinato alla politica nel ’94 quando mi iscrissi alla Sinistra Giovanile.
Fu l’anno della discesa in campo di mister B. e dei suoi spot elettorali che a molti inzialmente diedero l’impressione di essere un incitamento per la nostra nazionale che da li a poco avrebbe partecipato al mondiale di calcio in America (arrivammo secondi, battuti ai rigori dal Brasile). Alle elezioni politiche la sinistra, convinta di bastare a se stessa, si presentò unita con il simbolo dei “Progressisti”. Fu una sonora sconfitta che portò al primo governo dell’uomo che si era fatto da solo.
Nel ’96 divenni segretario della Sezione del Partito Democratico della Sinistra di Cipressina.
Fu l’anno in cui la Juventus vinse la sua seconda Champions League battendo l’Ajax ai rigori. Ma fu soprattutto l’anno in cui il centro-sinistra unito sotto il simbolo dell’Ulivo vinse le elezioni politiche. Dall’esperienza dell’Ulivo, che rappresentò il raggruppamento di forze riformiste riunito attorno alla cultura socialista-socialdemocratica, a quella cattolico-democratica e a quella liberaldemocratica, cui facevano poi seguito il convinto impegno ambientalista ed europeista, è nato il 14 ottobre 2007 il Partito Democratico.
Queste due vicende politiche (ed altre ben più recenti) avrebbero dovuto insegnarci che da soli si può fare poco e che “la vocazione maggioritaria non significa rifiutare le alleanze, ma, al contrario, renderle possibili, purché costruite nella chiarezza, sulla base di vincoli programmatici. Non consiste nell’autosufficienza, ma nella capacità di ritrovare una funzione di rappresentanza popolare, e nell’impegno ad elaborare un progetto di governo che convinca il Paese. Non possiamo più confondere il bipolarismo, che è una conquista della nostra democrazia, con il bipartitismo, che non ha fondamento nella realtà storica, sociale e politica del Paese.”
Convinto del fatto che le alleanze di debbano formare sulla base di linee politiche condivise, trovo poco comprensibile il dibattito di questi giorni sulle prossime elezioni regionali. Alcuni autorevoli esponenti del Partito Democratico vedrebbero con favore l’alleanza del PD con il Popolo della Libertà dell’attuale governatore Galan senza però spiegarci quali sarebbero i vincoli programmatici che dovrebbero saldare questa alleanza. Tutto quello che è stato detto per giustificare una simile (sciagurata, aggiungo io) scelta ha più il sapore di voler stringere un accordo di potere, che ha come unico obiettivo il governo della regione fine a se stesso. Ad avvalorare questa teoria è il fatto che, stranamente, tra i difensori della linea “salviamo il soldato Galan” ci sia chi fino a poco fa rappresentava la mozione “SINISTRA per Veltroni” e ora propone l’accordo con chi più lontano (dall’idea di sinistra) non potrebbe essere.
E’ invece “necessario sperimentare su basi programmatiche larghi schieramenti di centrosinistra, alleanze democratiche di progresso alternative alla destra” solo così potremmo rappresentare una risposta credibile per chi vuole qualcosa di diverso per il Veneto e per l’Italia.
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