Per avere un quadro abbastanza chiaro delle differenze
presenti nel nostro pianeta si può, fra le altre cose, prendere in esame l’utilizzo di energia
elettrica. Ci si accorgerà che vi sono alcune zone, ovviamente le più ricche, in cui il consumo energetico è molto più alto che nella restante
porzione del pianeta, la parte ovviamente più povera. Un extraterrestre guardando dall’alto
potrebbe arrivare alla conclusione che nella parte più illuminata della Terra
risieda la maggior parte della popolazione. Ma in realtà non è così. Oppure che
maggior illuminazione significhi una maggior presenza di materia prime. Ma nemmeno
questo risponde al vero.
Allora perchè la parte più abitata e più ricca di materie
prime del nostro pianeta è anche la parte dove si concentra la maggior povertà?
A questo interrogativo provano a dare risposta Daron
Acemoglu e James A. Robinson nel libro “Perchè le nazioni falliscono” (Il
Saggiatore, 2013). Una lettura interessante che, prendendo in esame diverse
civiltà e nazioni nel corso dei secoli, spiega che non sono i fattori
geografici o culturali ad aver determinato la disuguaglianza globale. Le ragioni
di prosperità e povertà vanno invece ricercate, sostengono i due professori
americani, nella natura dei diversi regimi che le nazioni si danno. Nella tesi
sostenuta, il benessere risiede in quei paesi dove regnano pluralismo, un
potere statale centralizzato e istituzioni economiche inclusive. Il dato più
interessante è scoprire perchè democrazia e libero mercato si sono affermati in
Europa e in America del Nord invece che in Africa, Asia o Sud America. Pagina
dopo pagina si vedrà che non era affatto scritto nel libro del destino che
toccasse al Vecchio Continente colonizzare la gran parte del globo terrestre. Tanto più che fino al 1500 la maggior parte delle civiltà più sviluppate stavano in Asia e Sud America, inoltre fino al XIX secolo nel continente euroasiatico non c’era divario tra est e ovest, anzi le città più grandi si trovavano tutte fuori Europa.
In estrema sintesi, è nella brutalità, nella
violenza, nello schiavismo, nello sfruttamento e in tutto il resto di
sopraffazioni che ha portato con sé il colonialismo europeo che vanno
ricercate le ragioni dell’arretratezza politica ed economica dei paesi più
poveri della Terra. Le istituzioni estrattive, imposte dalla dominazione
spagnola in Sud America, da quella francese in Indocina, da quella inglese in
India, da quella olandese in Indonesia, e in generale quella europea in Africa,
si sono succedute (nonostante le lotte di liberazione dal colonialismo) fino ai
giorni nostri, in forza di una sorta di ereditarietà dei caratteri autoritari e
oppressivi che gli europei hanno sapientemente coltivato in giro per il mondo.
Nonostante abbia già qualche anno, questo libro fornisce un
imperdibile analisi su ricchezza e declino delle nazioni, uno sguardo attento
sulla geografia della disuguaglianza, nel determinare la quale i nostri antenati più prossimi
hanno diverse colpe. Un debito non da poco!