In questi giorni il dibattito politico in Italia è animato dal voto sul ddl sulla sicurezza e sui respingimenti dei barconi dei migranti al largo delle coste italiane.
Sull’argomento sono sostanzialmente d’accordo con quanto ha scritto Sergio Romano sul suo editoriale di ieri pubblicato sul Corriere. A prescindere dall’evidente e insopportabile vena di intolleranza e xenofobia che anima il nostro governo, non basta che il Partito Democratico affermi di essere contrario ai respingimenti, occorre avere delle proposte alternative, tra le quali la lotta al racket che gestisce questo traffico di uomini ma soprattutto l’attuazione di una politica estera più attenta alla cooperazione internazionale verso quei paesi da cui scappano quelli che si imbarcano verso l’Italia per fuggire da fame, malattie e guerre.

La motivazione prima che porta il governo, in particolare la Lega Nord, ad attuare misure così dure in materia di immigrazione è la conservazione e protezione dell’identità (cristiana) nazionale. La riprova è venuta ieri sera quando il capogruppo della Lega alla Camera a Ballarò ha affermato che il suo partito è contrario all’ingresso della Turchia nell’Unione Europa, sottolineando che l’arrivo di 90 milioni di mussulmani potrebbe mettere in crisi la nostra identità.
Mi pare che se per difendersi un’identità ha bisogno di erigere muri e di respingere “l’altro” allora essa è un’identità debole per cui prossima alla fine. ll problema non risiede quindi nella difesa dell’identità dalle “orde” che ci invadono, il problema sta nell’identità stessa.

Infine, il nuovo bersaglio è l’ONU reo di aver condannato le scelte italiane in materia di immigrazione. L’accusa è: l’ONU non fa niente per la situazione. C’è un particolare che chi fa queste affermazioni tende a tralasciare: le Nazioni Unite sono un organo di Stati (tra cui l’Italia) e se non funzionano la colpa va innanzitutto attribuita a chi dovrebbe farla funzionare.

Un pensiero su “IMMIGRAZIONE, IDENTITA’ e ONU”
  1. La questione del rapporto identità e alterità è complessa. Hegelianamente solo il rapporto con la differenza fonda l’identità, sicché senza la prima non si dà neppure la seconda.
    Bisogna però ricordare, come affermava Levinas e come ricorda più recentemente Zizek, che l’incontro con l’altro non è un “balletto”, è una “lotta per la vita e per la morte” e produce come tale conflitto e pericolo.
    Detto questo: la politica del governo italiano è di certo xenofoba e rappresenta il volto peggiore di un paese (Ila sua maggioranza stando alle ultime elezioni) ottuso e pauroso.
    E’ anche vero che l’aumento dell’immigrazione è un problema che va gestito anche con sistemi di controllo e rallentamento dei flussi. Le conseguenze ideologiche ed economiche dei movimenti dei migranti sono importanti (basti vedere la Francia e l’Inghilterra) e l’incontro con l’Altro “ti leva la pelle di dosso” come diceva Levinas. Un coordinamento dei paesi europei e un miglioramento della giustizia italiana (più rapida per giudicare deliquenti migranti ma soprattutto politici corrotti e collusi con la mafia) potrebbe essere un primo strumento.
    Non sono d’accordo sulla diagnosi intorno all’operato del governo; non c’è nella Lega e nella maggioranza una preoccupazione religiosa, se non di facciata, secondo quella confusione di politica e fede utilizzata da qualche anno dai partiti della destra (“inseguiti” su questo dalla sinistra) per ottenere voti. L’attuale destra è a-ideologica, con un “pensiero debole” alla sua base, una ideologia negativa che lascia spazio all’attenzione per la semplice biologia (per usare un termine di Habermas: attenzione al godimento immediato, al possesso, alla soddisfazione); da questo (o anche da questo) deriva il suo successo.
    La Lega interpreta il malcontento della piccola borghesia, disorientata dall’immigrazione e preoccupata dalla violenza; la motivazione della sua scelta inn materia di politica estera è tattica ed elettorale.
    Sulla Turchia il discorso è diverso: se ci indignamo per le ingerenze di un papa che fa politicia cosa dobbiamo dire di uno stato sull’orlo della teocrazia? Perchè il “peccato” è commesso da un’altra cultura è meno grave? La Turchia manca di quei requisiti di rispetto dei diritti civili (primo fra tutti ammettere la responsabilità nei confronti degli Armeni) per entrare in Europa; requisiti che anche l’Italia sembra non avere più.

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